sabato 16 giugno 2012

F. NIETZSCHE: AL DI LA' DEL BENE E DEL MALE


Sono sempre più indotto a credere che il filosofo, come uomo necessario del domani e del dopodomani, si sia trovato in ogni tempo in contraddizione con il suo oggi: il suo nemico fu ogni volta l’ideale dell’oggi. Sinora tutti questi eccezionali fautori dell’uomo, ai quali si dà il nome di filosofi e che raramente si sentirono amici della verità, ma piuttosto sgradevoli giullari e pericolosi punti interrogativi – hanno trovato il loro compito, il loro duro, non voluto, inevitabile compito, e infine la grandezza del loro compito, nel costituire essi stessi la cattiva coscienza del loro tempo. Vivisezionando col coltello proprio il cuore delle virtù del tempo, tradirono quel che era il loro strano segreto: conoscere una nuova grandezza dell’uomo, una nuova strada non ancora mai battuta per il suo innalzamento. Essi svelarono ogni volta quanta ipocrisia e infingardaggine, quanto lasciarsi andare e lasciarsi cadere, quanta menzogna si nascondesse sotto il tipo maggiormente venerato della moralità loro contemporanea, quanta virtù fosse sopravvissuta a se stessa; ogni volta essi dissero: “Dobbiamo arrivare e partire da quel luogo, che oggi è per voi meno di ogni altro familiare”. Dinanzi a un mondo delle “idee moderne”, che vorrebbe confinare ognuno in un angolo e in una “specializzazione”, un filosofo, ove mai oggi un filosofo potesse esistere, sarebbe costretto a porre la grandezza dell’uomo, l’idea di “grandezza” proprio nella sua vastità e multiformità, nel suo essere intero in molte cose: determinerebbe persino il valore e il rango, a seconda di quali e quante cose uno sia in grado di sopportare e di assumere sopra di sé, a seconda del limite fino al quale uno può tendere la sua responsabilità. Oggigiorno il gusto e la virtù dell’epoca affievoliscono e assottigliano il volere, nulla è tanto in armonia con i tempi quanto l’estenuazione della volontà. Oggi è tutto l’opposto qui in Europa, dove soltanto l’animale da armento perviene agli onori e onori distribuisce, dove l’“uguaglianza dei diritti” si potrebbe anche troppo facilmente trasformare nell’uguaglianza dei torti: intendo dire in una comune guerriglia contro tutto quanto di raro, d’inconsueto, di privilegiato appartiene all’uomo superiore, all’anima superiore, alla superiore responsabilità, alla pienezza creativa della potenza e all’arte del signoreggiare – oggigiorno si addice alla nozione di “grandezza” l’essere nobili, il voler essere per se stessi, il poter essere diversi, il restarsene isolati e la necessità di vivere a modo proprio; il filosofo divinerà qualcosa del suo proprio ideale, quando stabilirà “Più grande tra tutti sarà colui che può essere il più solitario, il più nascosto, il più diverso, l’uomo al di là del bene e del male, il signore delle proprie virtù, ricco quant’altri mai di volontà; questo appunto deve chiamarsi grandezza: poter essere tanto multiforme quanto intero, tanto esteso quanto colmo”. E ancora una volta domandiamo: è oggi possibile la grandezza?


domenica 10 giugno 2012

SURREALISMO

Il termine “surrealismo” viene usato per la prima volta nel 1917 da Guillaume Apollinaire per definire un suo testo teatrale, che sarà rappresentato al Théatre René-Maubel di Parigi, da titolo ” Le mammelle di Tiresia”, e definito “dramma surrealista” o “drame surréaliste”, e da qui la parola ebbe successo e vennè ripresa più volte. In questo termine cominciano a confluire i concetti nati a metà del XIX sec. di Supernaturalisme, con cui era definito il pensiero dello scrittore parigino Gérard de Nerval, o il Surnaturalisme di C. Baudelaire. Il 9 novembre 1918 Apollinaire muore a causa dell’epidemia di febbre spagnola, e ciò che aveva cominciato fu continuato da Louis Aragon, André Breton e Philippe Soupault i quali, tra il 1919 e il 1924, diedero vita alla rivista d’avanguardia “Littérature”. A questa rivista collaborarono diversi intellettuali, poeti e scrittori, tra cui ricordiamo, Man Ray, Francis Picabia, Marcel Duchamp, Max Ernest, ecc… . I loro incontri avevano luogo presso Paul Eluard a Saint-Brice, nella foresta di Saint-Leu, oppure a casa di Breton a Parigi, o si organizzavano gite di alcuni giorni, in cui si cercavano posti speciali, pieni di magia e mistero. Il 13° numero della rivista era completamente dedicato al Dadaismo, e i redattori della rivista di questo movimento condividevano la sfiducia nel razionalismo e la polemica contro le convenzioni formali, temi che saranno anche condivisi dalle idee Surrealiste. La differenza fra le due correnti stà nel fatto che i dadaisti si limitano ad un atteggiamento distruttore e nichilista, mentre i surrealisti adottano un ateggiamento costruttivo e propositivo e cercano, sin dall’inizio, di elaborare una nuova estetica ed una nuova visione del mondo. Nel 1922, Breton assume, da solo, la direzione della rivista e si distacca dai dadaisti e da Tristan Tzara, ed in questo stesso anno, assieme a Soupault, compone “Campi magnetici “, che fu scritto “sottto la dettatura dell’inconscio”. Questo metodo impersonale fu riutilizzato, con creazioni collettive, nei mesi a seguire, e si ricordano principalmente Robert Desnos, René Crevel e Benjamin Péret; dove uno di loro, in stato di “trance”, pronunciò oscure parole, simile agli Oracoli dell’antica Grecia, mentre gli altri partecipanti gli ponevano domande, così ne uscì fuori un dialogo che venne riportato sulla rivista come forma poetica ispirata. Le ricerche di questi artisti si accompagnano a quelle compiute da Sigmund Freud, il quale nel 1900 pubblica il saggio: “l’interpretazione dei sogni”, ma c’è una differenza sostanziale tra i surrealisti ed il medico austriaco, quest’ultimo era interessato al sogno perchè il suo scopo era quello di capire e curare la nevrosi dei pazienti, mentre per gli altri era una fonte d’ispirazione artistica ed il loro scopo è quello di suscitare, in chi guarda. sentimenti contrastanti di stupore, meraviglia e disagio, avvolte anche disprezzo, visto lo spirito anticonformista, provocatorio, irriguardoso e rivoluzionario di questi artisti. Autunno del 1924, Breton pubblica il Manifesto del Surrealismo, inizialmente nato come prefazione per una raccolta di poesie intitolato: Poisson soluble. Breton del surrealismo dice: “Automatismo psichico puro per mezzo del quale ci si propone di esprimere, sia verbalmente, sia per iscritto, sia in altre maniere, il funzionamento reale del pensiero. Dettato del pensiero, in assenza di tutti i controlli esercitati dalla ragione, al di là di ogni preoccupazione estetica o morale”. Al gruppo aderiscono scrittori, intellettuali e artisti, tra cui Max Ernst, Ives Tanguy, André Masson e Joan Mirò. Nel 1924 il francese Ivan Goll fonda una rivista chiamata “Surréalisme”, pubblicata in un solo numero e causa di lite tra Goll e Breton ,discussioni che segneranno la storia del movimento. I motivi della lite erano principalmente due: 1. Breton considera il termine Surrealismo una sua proprietà perchè lui il creatore del nome e Goll gli contesta questo monopolio; 2. Goll ritiene che anche la ragione sia importante nella creazione artistica, perchè fonde e coordina le attività consce e inconsce. Il 13 novembre 1925, data d’inaugurazione della prima mostra surrealista nella gallerria Pierre di Parigi e curata da Pierre Loeb, nello stesso anno prende vita un Ufficio di ricerche surrealiste, collocato al numero 15 di rue Grenelle a Parigi, che si occupava delle pubblicazioni della rivista “La Révolution surréaliste”, diretta da Benjamin Péret e da Pierre Naville e nata come risposta al periodico di Goll e organo ufficiale del movimento fino al 1929. Il 26 marzo 1926, viene aperta la Galerie Surréaliste in via Jacques Callot, con una mostra composta da sessanta opere d’arte primitiva, provenienti dall’Oceania, e da ventiquattro opere di Man Ray; due anni dopo Breton pubblica il saggio-manifesto “Il surrealismo e la pittura”, il quale conteneva indicazioni tecniche e pratiche sui metodi migliori da usare per tradurre in immagini i concetti surrealisti. L’idea base del Surrealismo, comune ai letterati e ai pittori, è il procedimento inconscio della “scrittura automatica”, questo metodo consiste nello scrivere, in modo veloce e quasi in uno stato di trance, ciò che normalmente la nostra ragione o i nostri freni inibitori ci vieterebbero di scrivere, inoltre questo tipo di scrittura attua una ricerca di coordinazioni illogiche. I surrealisti adottano, così, un proecedimento di creazione poetica collettiva che chiamano Cadavre exquis, e consisetva nel comporre una frase, per i letterati, o un disegno, per gli artisti, assieme ad altre persone, senza che nessuna di queste conoscesse ciò che le altre persone avevano fatto. Il nome di questo procedimento, inventato su suggerimento di André Breton, si riferisce alla prima frase che ne uscì fuori nel 1925: ” Il cadavere squisito berrà il vino novello”, ( Le cadavre exquis boira le vin nouveau). I pittori ed i letterati usano lo stesso metodo, ma uno con la pittura e l’altro con la scrittura: la prima persona disegna la parte superiore di un foglio, lo piega e lascia una piccola striscia disegnata , in questo modo la persona che c’è dopo sà da dove riprendere il disegno, e così via. Un esempio è il Cadavere squisito eseguito nel 1935 da Oscar Domìnguez, Remedios Varo ed Esteban Francés. Infine il primo propietario di quest’opera è il pittore Marcel Jean, anche lui autore, assieme agli altri tre pittori, di un Cadavere squisito del 1935 ed oggi conservato al Museum of Modern Art di New York.