martedì 2 dicembre 2014

SCHOPENHAUER: IL MONDO COME VOLONTA' E RAPPRESENTAZIONE

E' davvero incredibile come insignificante e priva di senso, vista dal di fuori, e come opaca e irriflessiva, sentita dal di dentro, trascorra la vita di quasi tutta l'umanità.
E' un languido aspirare e soffrire, un sognante traballare attraverso le quattro età della vita fino alla morte, con accompagnamento d'una fila di pensieri triviali. Gli uomini somigliano a orologi che vengono caricati e camminano, senza sapere il perché; ed ogni volta che un uomo viene generato e partorito, è l'orologio della vita umana di nuovo caricato, per ripetere ancora una volta, fase per fase, battuta per battuta, con variazioni insignificanti, la stessa musica già infinite volte suonata. Ciascun individuo, ciascun volto umano e ciascuna vita non è che un breve sogno dell'infinito spirituale naturale, della permanente volontà di vivere; non è che una nuova immagine fuggitiva, che la volontà traccia per gioco sul foglio infinito dello spazio e del tempo, lasciandola durare un attimo appena percettibile di fronte all'immensità di quelli, e poi cancellandola, per dar luogo ad altre. Nondimeno, e in ciò è l'aspetto grave della vita, ognuna di tali immagini fugaci, ognuno di tali insipidi capricci dev'essere pagato dall'intera volontà di vivere, in tutta la sua violenza, con molti e profondi dolori, e in ultimo con un'amara morte, a lungo temuta, finalmente venuta. Per questo ci fa così subitamente malinconici la vista di un cadavere. La vita d'ogni singolo, se la si guarda nel suo complesso, rilevandone solo i tratti significanti, è sempre invero una tragedia; ma, esaminata nei particolari, ha il carattere della commedia. Imperocchè l'agitazione e il tormento della giornata, l'incessante ironia dell'attimo, il volere e il temere della settimana, gli accidenti sgradevoli d'ogni ora, per virtù del caso ognora intento a brutti tiri, sono vere scene da commedia. Ma i desideri sempre inappagati, il vano aspirare, le speranze calpestate senza pietà dal destino, i funesti errori di tutta la vita, con accrescimento di dolore e con morte alla fine, costituiscono ognora una tragedia. Così, quasi il destino avesse voluto aggiungere lo scherno al travaglio della nostra esistenza, deve la vita nostra contenere tutti i mali della tragedia, mentre noi riusciamo neppure a conservar la gravità di personaggi tragici, e siamo invece inevitabilmente, nei molti casi particolari della vita, goffi tipi da commedia.

lunedì 15 settembre 2014

HEGEL: INTRODUZIONE ALLA FILOSOFIA

Hegel nasce nel 1770, in una generazione particolarmente importante perchè vive l'esperienza della Rivoluzione Francese. Quando essa scoppierà, Hegel avrà quasi vent'anni e sarà studente di teologia; suo compagno di studio sarà Schelling e con lui innalzerà, nel collegio luterano dove studiavano, un 'albero della libertà', simbolo della Rivoluzione. E' interessante questa simpatia giovanile di Hegel per la rivoluzione Francese, soprattutto perchè, in età matura, muterà radicalmente il suo atteggiamento. Vi saranno pensatori, come ad esempio Fichte, che nutriranno sempre simpatia per la Rivoluzione, ve ne saranno altri che nutriranno una cordiale antipatia per essa, vista come il dissolversi della società organicistica e il prevalere del singolo e della proprietà privata. Hegel non farà mai parte dei reazionari, ma rientra nel novero di quegli autori che tendono a riconoscere la positività e il valore di ogni momento della storia, anche dei più drammatici, nella convinzione che, per giungere ad una fase positiva, si deve passare per fasi negative. Il lato positivo degli eventi negativi consiste, secondo Hegel, nel fatto che fossero indispensabili per arrivare alle fasi positive. Bisogna saper trovare la rosa nella croce, dirà Hegel, convinto che ogni negativo sia anche positivo, se visto in funzione della totalità. Queste riflessioni di fondo, ci aiutano a capire perchè Hegel, dopo gli entusiasmi giovanili, sarà molto critico nei confronti della Rivoluzione e vedrà in essa una fase negativa della storia che, come ogni fase, è però anche positiva poichè necessaria. Molto importante nella vita di Hegel, oltre al rapporto con la Rivoluzione, è anche l'amicizia con Schelling, stretta ai tempi del collegio e destinata a terminare nel 1807, quando Hegel ha 37 anni.Hegel, sebbene fosse più anziano, si dichiarerà seguace di Schelling fino al 1807, anno in cui pubblicherà la Fenomenologia dello spirito , con cui prenderà definitivamente le distanze dal maestro. Prima di allora, si era limitato a comporre manoscritti in cui si cimentava in prove di argomento teologico. Tali manoscritti, raccolti sotto il nome di Scritti teologici giovanili contengono embrionalmente elementi filosofici che Hegel svilupperà in seguito. Significativo è l'articolo pubblicato da Hegel sulla rivista di Schelling e intitolato Differenza dei sistemi filosofici di Fichte e di Schelling , in cui prende posizione a favore della filosofia di Schelling, convinto che quella di Fichte sia un idealismo soggettivo , dove cioè è il soggetto a porre l'oggetto. Schelling aveva il merito, spiega Hegel, di aver trovato il principio in una realtà assoluta che fondava l'identità tra soggetto e oggetto e meglio rispondeva alle esigenze proprie dell'idealismo. Fichte, invece, ammetteva che prima dell'identità tra soggetto e oggetto vi fosse già, a sè stante, il soggetto, allontanandosi così in un certo senso dalla nozione centrale dell'idealismo: l'identità tra soggetto e oggetto. Con la Fenomenologia dello spirito (1807), la sua prima grande opera, Hegel si stacca da Schelling e dà la prima formulazione del proprio pensiero, formulazione che resterà press'a poco la stessa per tutto il corso della sua vita. E tuttavia nella Fenomenologia lo stile hegeliano è più vivace e ricco rispetto a quello delle opere posteriori: la realtà stessa appare come un qualcosa di più vivace e dinamico. Probabilmente questo è dovuto al fatto che l'Hegel della Fenomenologia era ancora giovane e vitale, mentre il pensiero posteriore a tale opera tenderà ad istituzionalizzarsi e a cristallizzarsi. L'ultima fase della vita di Hegel è caratterizzata dall'assunzione della cattedra di Berlino e dal continuo sforzo di piazzare suoi seguaci nelle altre cattedre. Non bisogna dunque stupirsi se il dinamismo della Fenomenologia tenda sempre più ad attenuarsi e il sistema hegeliano spinga verso la staticità: Hegel intende fare della propria filosofia un puntello ideologico della Prussia egemonica. Per curiosità, si può notare che nei testi pervenutici delle sue lezioni berlinesi il carattere di staticità presente nelle opere è completamente assente, quasi come se la sua filosofia, espressa oralmente, fosse più libera e meno conservatrice. Passando ad esaminare la Fenomenologia dello spirito , essa è l'opera che segna il distacco da Schelling: se è vero che Hegel apprezzava del suo ex-maestro il fatto che rendeva conto, meglio di Fichte, dell'identità assoluta di soggetto e oggetto, tuttavia criticava aspramente il modo con cui Schelling concepiva e raggiungeva tale identità. In sostanza, Hegel accusa Schelling di aver adottato una banale scorciatoia per giungere all'identità assoluta: la negazione della filosofia e il privilegiamento dell'intuizione artistica. Dopo di che, Hegel, non ancora soddisfatto, biasima anche il modo in cui Schelling concepisce l'Assoluto: l'identità assoluta da cui tutto deriva. Hegel, per criticare il suo rivale, ricorre a due metafore, paragonando il modo in cui Schelling arriva all'Assoluto ad un colpo di pistola e il modo in cui concepisce l'Assoluto ad una notte in cui tutte le vacche sono nere. Schelling è arrivato subito alla destinazione, ovvero all'Assoluto, proprio come un colpo di pistola giunge subito al bersaglio, perchè ha messo l'Assoluto all'inizio, come identità sempre esistita tra soggetto e oggetto; ha poi concepito l'Assoluto in modo confusionario, come incapacità di distinguere il soggetto dall'oggetto per mancanza di luce, come di notte non si distinguono le vacche l'una dall'altra non perchè sono davvero nere, ma perchè non si vede il loro vero colore. Hegel vuole invece pervenire ad una concezione dell'Assoluto in cui si riconosce l'identità ultima della contrapposizione tra, ad esempio, soggetto e oggetto, ma deve essere un'identità alla quale si giunge alla fine , non con un colpo di pistola: non si deve cioè, sulle orme di Schelling, negare fin dall'inizio la contrapposizione tra soggetto e oggetto, bensì bisogna passare per tale contrapposizione e riconoscerne l'identità solo alla fine. Non bisogna dunque smarrire la specificità delle differenze negandola fin da principio. Passando ad esaminare le opere di Hegel, esse sono, nel complesso, divisibili tra Fenomenologia dello spirito e opere del sistema, quelle opere cioè, successive alla Fenomenologia , che delineano il sistema hegeliano. Uno dei grandi problemi su cui si sono sempre arrovellati gli studiosi consiste nel chiarire quale rapporto intercorra tra la Fenomenologia e le opere del sistema: si potrebbe dire, in generale, che la Fenomenologia è il percorso che lo spirito umano compie per acquisire un punto di vista maturo sulla realtà. Tutte le opere successive, invece, descrivono la realtà così come la si vede dal punto di vista acquisito con la Fenomenologia . Non a caso, la filosofia di Hegel è una delle più grandi costruzioni sistematiche mai elaborate, forse anche maggiore del sistema aristotelico; si tratta di una filosofia in cui vi sono le strutture generali di tutta la realtà in tutti i suoi aspetti, in un'epoca in cui, di fronte all'imperare dell'organicismo, si ambiva al sistema. Passata la moda dell'organicismo e, con essa, quella dei sistemi, è però difficile che regga una filosofia di questo genere, che mira ad essere totalizzante. E' curioso che nel sistema hegeliano si ritrova esplicitamente un pezzetto che si chiama Fenomenologia, come l'opera del 1807: questo si spiega se teniamo conto che il percorso ( Fenomenologia dello spirito ) per acquisire la visuale matura sulla realtà fa parte anch'esso della realtà, proprio come quando, saliti sulla vetta di una montagna, volgendo in basso lo sguardo verso la realtà si vede anche il sentiero che ci ha portati lassù. Le opere del sistema sono parecchie e la più sistematica, che meglio descrive il tutto, è l' Enciclopedia delle scienze filosofiche in compendio : in essa vi è tutto Hegel e vi si trovano i 3 momenti della sua filosofia:
· Logica
· Filosofia della natura
· Filosofia dello spirito
I tre pezzi, sviluppati nell' Enciclopedia , Hegel li analizza singolarmente in altre opere, in cui ciascuna delle tre parti si articola in ulteriori divisioni. Ad esempio, nelle Lezioni si occupa dei singoli pezzi della Filosofia dello spirito, nella Scienza della logica tratta analiticamente la logica, o anche nei Lineamenti di filosofia del diritto . Solo la Filosofia della natura non viene chiarita separatamente in apposite opere ed è facile capire perchè: se con la Filosofia dello spirito o con la Logica ci si occupa dell'uomo, con la Filosofia della natura ci si occupa della natura ed Hegel non la apprezzava affatto, tant'è che, giunto di fronte alle Alpi, non provò nulla nè seppe mai apprezzare il cielo stellato di Kant. Ad Hegel interessava lo spirito, la dimensione della cultura e del pensiero, mentre la dimensione della natura, tanto cara ai Romantici, non gli stava a cuore .

domenica 1 giugno 2014

POSITIVISMO: AUGUSTE COMTE

E' una corrente di pensiero che interessò l'Europa negli anni che vanno dal 1848-1870 circa. Il Termine POSITIVISMO indica il proposito di rifiutare le tendenze astratte, metafisiche, spiritualistiche proprie del romanticismo e di prendere invece in esame i fatti positivi concreti ed analizzarli alle luce della scienza. Il positivismo cerca di capire il mondo partendo unicamente dalla scienza alla quale si riconosce la capacità di giudicare gli uomini verso il progresso e di costruire una società al più alto grado di giustizia e benessere. La scienza è ritenuta capace di dominare la natura per cui e considerata: GARANZIA INFALLIBILE DEL DESTINO DELL'UOMO. Su questa base il positivismo ritiene che: L'unica conoscenza che l'uomo ha di tutto il mondo è di tipo scientifico costruita attraverso l'osservazione dei fenomeni, la formulazione di ipotesi e la loro verifica sperimentale. La scienza deve essere assolutamente indipendente dalla religione. Ogni manifestazione della natura e dell'uomo sono spiegabili scientificamente. Per il positivismo è possibile analizzare scientificamente la società umana come un qualsiasi organismo scoprire la leggi che la regolano ed è possibile anche individuare attraverso la scienza le cure più adatte a superare i problemi della società. Questa ideologia ottimista è legata al periodo storico nel quale le invenzioni e scoperte scientifiche si susseguirono con un ritmo sempre più rapido assicurando all'uomo il dominio sulla natura ed un continuo sviluppo economico. Proprio per questo suo ottimismo che da alla ragione il positivismo è avvicinabile all'illuminismo. Tuttavia l'illuminismo era stato l'arma della borghesia europea per abbattere i pregiudizi ed i privilegi e per creare una società migliore; la borghesia del secondo '800 invece non ha di fronte a se l'assolutismo e la nobiltà ma il proletariato a cui si vuole impedire il raggiungimento dei propri diritti. Il Positivismo non possiede più quella carica rivoluzionaria dell'Illuminismo. La vera grande novità del positivismo è quella di estendere il metodo sperimentale a tutti i rami del sapere, dalla filosofia alla storia, dall'arte alla letteratura e addirittura alla realtà umana perchè si riteneva che anch'essa fosse retta, come la realtà fisica, da leggi naturali. Il positivismo nacque in Francia nell'ambiente del politecnico e l'iniziatore della dottrina fu: AUGUSTO COMTE, che fu anche il fondatore della sociologia, disciplina che studia in modo scientifico la società umana come se fosse un organismo naturale. Il metodo scientifico applicate anche con rigore nell'antropologia, portò l'Inglese DARWIN a formulare LA TEORIA DELL'EVOLUZIONISMO E DELLE SUE LEGGI cioè l'adattamento all'ambiente e la selezione naturale. Darwin quindi studiò l'uomo non più come entità spirituale ma come ultimo anello della catene naturale. Questa teoria fu osteggiata dalla chiesa che invece sosteneva il CREAZIONISMO FISSISTA. Importante fu anche il critico letterario storico IPPOLITO TAINE che vedeva negli uomini solo un prodotto di fattori ereditari dell'ambiente; egli inoltre riteneva applicabile il metodo scientifico anche all'arte contribuendo alla nascita del NATURALISMO FRANCESE. Il positivismo portò ad un cambiamento anche la letteratura sottolineando l'esigenza di un'arte ispirata al vero, lucida oggettiva che ritraesse anche gli aspetti negativi della società.

sabato 22 marzo 2014

LOUIS FERDINAND CELINE

Louis-Ferdinand Céline, pseudonimo di Louis-Ferdinand Auguste Destouches (Courbevoie, 27 maggio 1894Meudon, 1 luglio 1961), è stato uno scrittore e medico francese. Lo pseudonimo, con cui firmò tutte le sue opere, era il nome della nonna materna. Céline è considerato uno dei più influenti scrittori del XX secolo, celebrato per aver dato vita a un nuovo stile letterario che modernizzò la letteratura francese ed europea. La sua opera più famosa, Viaggio al termine della notte (Voyage au bout de la nuit, 1932), è un’esplorazione cupa e nichilista della natura umana e delle sue miserie quotidiane, dove la misantropia dello scrittore è costantemente ravvivata da un acuto cinismo. Lo stile del romanzo - con il continuo mischiarsi di linguaggio popolare ed erudito e il frequente uso di iperboli ed ellissi - impose Céline come un innovatore nel panorama letterario francese. Per le sue prese di posizione e affermazioni durante la Seconda guerra mondiale, esposte in alcuni pamphlet accusati di antisemitismo, Céline rimane oggi una figura controversa e discussa.Il lavoro semi-autobiografico segue le vicende di Ferdinand Bardamu attraverso il suo coinvolgimento nella Prima guerra mondiale, l'Africa coloniale e l'America del primo Dopoguerra (dove lavora per l'industria automobilistica Ford) attraverso il suo ritorno, nella seconda metà dell'opera, in Francia dove diventa medico e dove inaugura uno studio nel degradato sobborgo di Parigi, la fittizia La Garenne-Rancy. Il romanzo inoltre rappresenta una satira contro la professione medica e la vocazione della ricerca scientifica. I disparati elementi del romanzo sono tra loro connessi dai ricorrenti incontri con Léon Robinson, un personaggio sventurato non meno che ambiguo, la cui esperienza è per certi versi parallela a quella di Bardamu. Come il titolo stesso suggerisce, Voyage au bout de la nuit è un cupo, nichilistico romanzo in cui si mescolano misantropia e cinismo. Céline esprime un pessimismo pressoché inconsolabile sulla natura umana, sulle istituzioni umane, sulla società e sulla vita in generale. Verso la fine del libro, il narratore Bardamu, che sta lavorando in un manicomio, sottolinea: « ...Non posso trattenermi dal dubitare che esiste una qualunque genuina realizzazione del nostro più profondo carattere, tranne la guerra e la malattia, quelle due infinità dell'incubo. » Da un punto di vista letterario, il primo romanzo di Céline è notevole per un nuovo stile che sembra riflettere i discutibili protagonisti e che avrebbe esercitato una considerevole influenza sulla letteratura francese successiva. Céline fa ampio uso di ellissi, iperboli e parole gergali. L'opera godette di successo popolare e una larga approvazione da parte della critica quando fu pubblicato, nell'ottobre del 1932, tanto che Albert Thibaudet, forse il più grande critico francese di quegli anni, disse che nel gennaio del 1933 il romanzo di Céline era un comune argomento di conversazione serale.

sabato 22 febbraio 2014

JEAN PIAGET


Jean Piaget nacque il 9 agosto 1896, a Neuchâtel, Svizzera. Suo padre, uno storico dedito alla letteratura medievale, è descritto da Piaget come "un uomo con una mente molto coscenziosa e critica, che disdegna fortemente le generalizzazioni improvvisate e che non teme di dare avvio a una battaglia quando scopre che una verità storica è rigirata per adattarsi a tradizioni rispettabili" . Piaget ricorda sua madre come una persona intelligente, energica e dolce, ma con un temperamento nevrotico che lo ha portato sia a imitare il padre, sia a rifugiarsi in quello che Piaget ha chiamato un "mondo privato e non fittizio", un mondo di lavoro serio. Piaget riconosce che la situazione turbolenta della sua famiglia ha creato in lui l'interesse per la teoria psicoanalitica. Sarebbe più facile elencare ciò che non interessava Piaget da bambino piuttosto che ciò che lo interessava. Un campìone dei suoi interessi comprendeva la meccanica, le conchiglie di mare, gli uccelli e i fossili. Uno dei suoi primi scritti è stato un opuscolo (scritto in matita, perché non gli era ancora permesso di scrivere con l'inchiostro) in cui descriveva un "autovap", un'interessante unione fra un carro e una locomotiva. La prima pubblicazione di Piaget fu un articolo di una pagina, su un passero albino che egli aveva osservato nel parco. Questo risultato fu raggiunto all'età di 10 anni, molto prima che venisse a conoscenza del detto "pubblica o muori! ". L'interesse di Piaget per le raccolte esibite al museo di storia naturale locale, gli valsero l'invito del direttore ad assisterlo nella sua collezione di molluschi di mare. Così Piaget entrò nel campo della malacologia, lo studio dei molluschi, che catturò la sua attenzione per anni. Le pubblicazioni di Piaget sui molluschi attrassero in qualche misura l'attenzione degli studiosi di storia naturale. Senza che fosse conosciuto di persona, gli fu offerta la cura della sezione mulluschi al museo di storia naturale di Ginevra. Egli dovette però declinare l'offerta in quanto non aveva ancora completato la scuola secondaria! Piaget non si sottrasse alle crisi sociali e filosofiche tipiche dell'adolescenza. I conflitti fra l'insegnamento religioso e quello scientifico lo stimolarono a leggere avidamente Bergson, Kant, Spencer, Comte, Durkheim e William James, fra gli altri. Questa inquietudine filosofica viene espressa in un romanzo filosofico, pubblicato nel 1917. Che questo romanzo non divenne un best-seller lo si può capire leggendo frasi come queste: "Ora non ci può essere consapevolezza alcuna di queste qualità, perciò queste qualità non possono esistere, se non c'è relazione fra di esse, se cioè non sono mescolate in una qualità globale che le contiene pur mantenendole distinte", e "una teoria positiva della qualità che prenda in considerazione solo le relazioni di equilibrio e disequilibrio fra le nostre qualità". Piaget osservò che "nessuno parlò di quello scrhto, ad eccezione di due filosofi indignati". Piaget continuò a scrivere intorno a una quantità di questioni .filosofiche. Egli annota: "Scrissi anche se lo facevo solo per me stesso, poiché non potevo pensare senza scrivere, ma doveva essere fatto in modo sistematico, come se si trattasse di un articolo da pubblicare". In questi scritti si possono ritrovare temi che sono fondamentali nei successivi scritti di Piaget, quali l'organizzazione logica delle azioni e la relazione fra le parti e il tutto. Piaget completò i suoi studi formali in scienze naturali e prese la laurea con una tesi sui molluschi all'Università di Neuchâtel, nel 1918 all'età di 21 anni. Nonostante fino a quel momento egli avesse già pubblicato più di venti lavori, egli non era per niente ansioso di dedicare la sua vita alla malacologia. Dopo aver visitato i laboratori di psicologia a Zurigo e aver brevemente esplorato la teoria psicoanalitica, Piaget passò due anni alla Sorbonne. Lì studiò psicologia e filosofia. Fortunatamente (per la psicologia dello sviluppo), Piaget incontrò Théodore Simon, un pioniere nello sviluppo dei test di intelligenza. Simon, che aveva a disposizione il laboratorio di Alfred Binet in una scuola di Parigi, suggerì a Piaget di standardizzare i test di ragionamento di Binet sui bambini di Parigi. Piaget cominciò il lavoro con scarso entusiasmo, ma il suo interesse aumentò quando comincio a chiedere ai bambini le giustificazioni alle risposte corrette e scorrette da loro date. Cominciò ad essere affascinato dai processi di pensiero che apparivano guidare le risposte. In queste "conversazioni" egli faceva uso di tecniche psichiatriche che aveva appreso quando intervistava malati mentali per il corso che seguiva alla Sorbonne. All'insaputa di Simon, Piaget continuò questo studio per due anni. La successiva pubblicazione di tre articoli basati sulla ricerca condotta nel laboratorio di Binet gli procurò nel 1921 l'offerta di diventare direttore degli studi all'Istituto J. J. Rousseau a Ginevra. Piaget progettava di passare solo cinque anni a studiare la psicologia del bambino (un piano che, fortunatamente, non riuscì). La libertà e le facilitazioni per la ricerca che Piaget ha avuto in questa posizione nutrirono le sue tendenze produttive e lo condussero a pubblicare cinque libri: Il linguaggio e il pensiero del fanciullo (1923), Giudizio e ragionamento nel bambino (1924), La rappresentazione del mondo nel fanciullo (1926), La causalità fisica nel bambino (1927), Il giudizio morale nel fanciullo (1932). Con sua grande sorpresa, i libri vennero letti e discussi diffusamente. Egli divenne noto come psicologo dello sviluppo, anche se non aveva la laurea in psicologia. Era molto richiesto per conferenze e in Europa la sua fama crebbe rapidamente. Questa attenzione del pubblico in qualche modo disturbava Piaget, anche perché pensava che le idee espresse nei suoi libri fossero preliminari e poco solide, piuttosto che affermazioni definitive come molta gente riteneva. Negli anni immediatamente seguenti, Piaget continuò le sue ricerche all'Istituto, insegnò filosofia all'Università di Neuchâtel, imparò la teoria della Gestalt, osservò i suoi figli e persino condusse qualche ricerca sui molluschi nel suo tempo libero! Dal 1929 al 1945, egli occupò diverse posizioni accademiche e amministrative all'Università di Ginevra, come pure posti internazionali, come la presidenza della commissione svizzera dell'Unesco. Intrattenne collaborazioni produttive con Mina Szeminska, Barbei Inhelder e Marcel Lambercier su temi come la manipolazione di oggetti, le nozioni di numero, di quantità fisica, di spazio e lo sviluppo della percezione. Venuto a conoscenza del lavoro di Piaget, Albert Einstein lo incoraggiò ad occuparsi dei concetti di tempo, velocità e movimento. In seguito a questo suggerimento, Piaget scrisse due libri stimolanti: Le développement de la notion du temps chez l'enfant (1946) e Les notions du mouvement et de la vitesse chez l'enfant (1946). Gli anni Quaranta e Cinquanta furono segnati da ricerche su una straordinaria varietà di temi: vari aspetti dello sviluppo mentale, filosofia della conoscenza (la sua vecchia passione), educazione, storia del pensiero e logica. Fra i suoi titoli c'era quello di Professore di Psicologia all'Università' di Ginevra e della Sorbonne, Direttore dell'Istituto di Scienze dell'Educazione e Direttore dell'Ufficio Internazionale dell'Educazione. Inoltre, fondò il Centro di Epistemologia Genetica, un punto d'incontro per filosofi e per psicologi. Nel 1969, la American Association assegnò a Piaget il Distinguished Scientific Contribution Award "per la sua prospettiva rivoluzionaria sulla natura della conoscenza dell'uomo e dell'intelligenza biologica". Fu il primo europeo a ricevere tale riconoscimento. Piaget continuò a studiare il pensiero del bambino fino alla sua morte che avvenne il 16 settembre 1980, all'età dì 84 anni. Anche durante i suoi ultimi anni, libri e articoli continuarono a uscire dalla sua casa, il Centro di Epistemologia Genetica. I suoi ondeggianti capelli bianchi, la pipa, il berretto e la bicicletta erano una vista familiare a Ginevra. Abbiamo la seguente descrizione di Piaget a 70 anni: "Si muove in modo deliberato, ma i suoi occhi azzurri brillano di giovinezza, buon umore ed entusiasmo. Era benevolo ma non così pesante da assomigliare a Babbo Natale; piuttosto, richiamava vagamente delle immagini di Franz Liszt che fossero scese fra di noi". Non si può fare a meno di essere colpiti dalla straordinaria produttività di Piaget. Una stima conservativa dei suoi scritti parla di un numero di libri superiore a quaranta e più di 100 articoli solo di psicologia del bambino. Se si aggiungono le pubblicazioni di filosofia e di educazione, le cifre si gonfiano ancora di più.

domenica 19 gennaio 2014

HUSSERL: FENOMENOLOGIA


Edmund Husserl nacque nel 1859 a Prossnitz, in Moravia, da famiglia ebrea, studiò matematica e fisica, prima presso l'università di Lipsia e poi, dal 1878, in quella di Berlino, dove seguì i corsi dei matematici Kronecker e Weierstrass, laureandosi con quest'ultimo nel 1833. Nel 1884 ritornò a Vienna, dove si avvicinò a Brentano e, nel 1887, sostenne l'esame per la libera docenza ad Halle. In questo stesso anno, dopo essersi convertito alla confessione evangelica, sposò Malvine Charlotte Steinscheider, anch'ella ebrea convertita. Nel 1891 pubblicò la sua prima opera Filosofia dell'aritmetica , poi nel 1900 e 1901 i due volumi di Ricerche logiche . Nominato nel 1901 professore straordinario all'università di Gottinga, vi rimase fino al 1916, quando divenne professore a Friburgo. In questo periodo fondò la rivista che poi divenne l'organo del movimento fenomenologico, lo 'Jahrbuch für Philosophie und phanomenologische Forschung' (Annuario di filosofia e di ricerca fenomenologica), in cui compariranno anche scritti importanti dei suoi primi discepoli, quali Scheler e Heidegger, e pubblicò alcuni dei suoi scritti più significativi, quali Filosofia come scienza rigorosa (1911) e il primo tomo delle Idee per una fenomenologia pura e una filosofia fenomenologica (1913). Nel dopoguerra, la filosofia di Husserl cominciò ad essere conosciuta anche fuori dalla Germania: nel 1922 tenne una conferenza a Londra sulla fenomenologia e, nel 1929, altre conferenze alla Sorbona di Parigi, poi ripetute a Strasburgo, il cui testo fu trascritto in francese, sotto la guida di A. Koyré, da G. Pfeiffer ed E. Lévinas, comparendo nel 1931 con il titolo Meditazioni cartesiane . Intanto, nel 1928, sulla cattedra di Friburgo gli era successo l'allievo Heidegger, mentre egli si dedicava alla composizione di altre opere, come Logica formale e trascendentale (1929) e una Postilla alle Idee da apporre come premessa alla traduzione inglese di quest'opera, uscita nel 1931: in essa, egli prendeva posizione tra l'altro contro la filosofia dell'allievo Heidegger. Con l'avvento del nazismo nel 1933 arrivarono tempi duri per Husserl: fu radiato dall'università di Friburgo in quanto ebreo, proprio nel periodo in cui Heidegger ne era rettore; stessa sorte toccò al figlio, professore di Diritto, che nel 1936 emigrò negli USA. In alcune conferenze, tenute a Vienna e a Praga nel 1935, Husserl rilanciò il programma fenomenologico come via di salvezza dai pericoli di disumanizzazione e irrazionalismo che incombevano sulla cultura europea: esse costituiscono l'abbozzo della sua ultima opera, incompiuta, che sarà pubblicata postuma col titolo La crisi delle scienze europee e la fenomenologia trascendentale (1954) . Nel 1938 Husserl morì a Friburgo; i suoi numerosi manoscritti, grazie a H. L. van Breda, poterono essere salvati dalla distruzione ed essere trasferiti all'università di Lovanio, dove costituiscono il fondo degli 'Archivi Husserl'. A partire dal 1950 ha preso avvio, sotto il titolo di 'Husserliana', la pubblicazione di questi inediti: tra essi vanno ricordati i volumi secondo e terzo delle Idee (1952) , Filosofia prima (1956) e Sulla fenomenologia della coscienza interna del tempo (1966) . Altri scritti sono stati pubblicati dal suo allievo L. Landgrebe ( Esperienza e giudizio del 1939) e da G. Brand ( Mondo, io e tempo del 1955).