domenica 10 agosto 2008

KARMA


Karma è un termine sanscrito (traducibile grossolanamente come agire, azione) che indica presso le filosofie orientali il principio di azione-reazione che regola la vita di tutto ciò che è manifesto nell'universo, vincolando le anime al Saṃsāra (il ciclo di morti e rinascite). Il concetto di Karma è centrale nell'Induismo, nel Buddhismo, nel Sikhismo e nel Jainismo. In Occidente si diffuse nel corso del XIX secolo, divulgato dalla Società Teosofica, ed è al centro di molte discipline New Age. Nel Neopaganesimo, e nella Wicca in particolare, il Karma è legato alla genesi della Rede (Finché non fai del male a nessuno, fa' ciò che vuoi) e della Legge del tre. La cosiddetta "Regola d'oro" nel cristianesimo. Induismo. Il Karma riguarda sia l'attività o agire in sé sia l'insieme delle conseguenze delle azioni compiute da un individuo nelle vite precedenti. Secondo il principio del Karma le azioni del corpo, della parola e dello spirito (i pensieri) sono insieme causa e conseguenza di altre azioni: niente è dovuto al caso, ma ogni avvenimento, ogni gesto è legato insieme da una rete di interazioni di causa/effetto. Il principio del Karma è valido esclusivamente all'interno del mondo materiale (prakriti) e del ciclo di nascita e morte (Saṃsāra). Se si produce sofferenza o si interferisce negativamente con il Dharma o legge universale, si produce Karma negativo; se si fa del bene, si produce karma positivo. Nelle vite successive (o nella vita corrente) si dovrà pagare o si verrà ripagati per le azioni compiute precedentemente. Il Karma Yoga è uno dei modi di ottenere Moksha ovvero la liberazione. Buddismo. Il Karma (sanscrito: pāli kamma, cinese: pinyin: yè, giapponese: gō, tibetano: las) è un "principio universale" secondo il quale un' "azione virtuosa" (che non produce sofferenza) genera benefici nelle vite successive, mentre un'azione "non virtuosa" (che produce sofferenza) genera fastidi e disagi nelle vite successive. Il Karma, dunque, vincola tutti gli esseri senzienti al ciclo del Samsāra poiché tutto ciò che l'essere farà, si ripercuoterà nella vita futura. Quando viene compiuta un'azione non virtuosa, viene depositatato nella vita stessa dei "semi" o "residui" (sans. vāsanā) ) in seguito alla produzione di karma negativo. Quando viene compiuta un'azione virtuosa invece, viene prodotto karma positivo. Questi residui allungheranno la permanenza dell'esistenza nel Samsāra. Esiste però un tipo di Karma - che, effettivamente, "non è" Karma - che non è né positivo né negativo, quello che porta alla "liberazione" (Vimukti). Ogni manifestazione degli esseri senzienti possiede una certa quantità di "semi del Karma", che finché non verranno esauriti, li costringeranno a permanere nel ciclo del Samsāra. Questi "semi" sono frutto di azioni compiute da innumerevoli vite precedenti. Essi non possono diminuire ma possono essere distrutti con il raggiungimento dell'"illuminazione" (Bodhi). Con l'estinzione del debito karmico, l'essere non sarà più vincolato al Karma e quindi al Samsāra e potrà raggiungere il Nirvana. Il significato e il ruolo attribuito alla dottrina del Karma varia a seconda degli insegnamenti delle differenti scuole buddhiste. L'atto nel Buddhismo, e solo in esso, si identifica con l'intenzione (cetana) allorché un gesto compiuto o un pensiero elaborato (prayatna) senza intenzione non produce Karma, spietato o umano che sia. Al contrario, la sola intenzione che non si traduca in gesto o pensiero produce karma e poiché l'intenzione neutra (avyakrta) non può logicamente esistere essa è la sola a produrre karma secondo l'insegnamento buddhista. Condizionata dalla sola esistenza (bhava), la nascita (jati) [1] delle intenzioni non è reversibile e niente di ciò che esiste (tranne il nirvana) che sia una divinità, una pratica rituale, un rimorso, un rimpianto o la morte potrà impedire che se ne formi il frutto, che maturi e che si riversi sull'agente nelle condizioni determinate solo e solamente dall'atto medesimo. Per cui l'implacabile responsabilità personale va ricondotta sempre alle vite precedenti per una piena comprensione ed eventualmente distruzione degli atti medesimi, siano essi positivi (kusala) o negativi (akusala).

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