Popper
ha descritto la genesi della sua teoria della conoscenza come il risultato di
un confronto, da lui operato in età giovanile, tra la teoria della relatività
di Einstein, da una parte, e la psicoanalisi e il marxismo dall'altra. Mentre
queste ultime si presentano come teorie capaci di spiegare qualunque fenomeno
di loro pertinenza e, quindi, come inconfutabili, la teoria di Einstein
fornisce l'indicazione di esperimenti possibili che potrebbero confermarla o
confutarla. Partendo da questa constatazione, Popper sviluppa nella Logica
della scoperta scientifica una delle teorie scientifiche. Le teorie
scientifiche sono costituite da asserzioni universali (ipotesi o leggi) e si
ritiene che si arrivi ad esse attraverso un processo di induzione , che parte
da asserzioni singolari, cioè da resoconti dei risultati di osservazioni o
esperimenti. Ma, come già si era chiesto Hume, è giustificabile logicamente
l'inferenza di asserzioni universali da asserzioni particolari, per quanto
numerose queste siano? Secondo Popper la risposta è no: dal fatto che molti
cigni sono bianchi non si può concludere che "tutti i cigni sono
bianchi". Popper respinge, dunque, la logica induttiva; ma così facendo
non si elimina ogni distinzione tra al scienza, che è la conoscenza autentica,
e la metafisica? In realtà, a suo avviso, è il criterio di verificazione,
sostenuto dai neopositivisti, che non fornisce un criterio di demarcazione
adeguato tra esse, in quanto consente di concludere che il linguaggio della
metafisica è privo di senso ma finisce per distruggere anche le scienze della
natura. Esso presuppone, infatti, che solo asserzioni empiriche elementari,
cioè resoconti di osservazioni di eventi singolari, permettono di decidere in
modo conclusivo della verità o falsità di asserzioni generali, ossia delle
leggi scientifiche. Ma se non è logicamente ammissibile l'inferenza da
asserzioni singolari a teorie generali, le teorie non potranno mai essere
verificate empiricamente; bisogna, dunque, individuare un criterio che permetta
di accogliere entro le scienze empiriche anche asserzioni non verificabili. Dal
punto di vista della storia delle scoperte scientifiche, alcune idee
metafisiche sono state di ostacolo, ma altre, come per esempio l'atomismo, sono
state fruttuose. Popper propone, quindi, un altro criterio di demarcazione tra
scienza e ciò che non è scienza: si tratta del metodo dei controlli , per cui è
scientifico solo un sistema che possa essere controllato dall'esperienza. Tale
criterio non esige che un sistema sia capace di essere scelto una volta per
tutte ma richiede soltanto che esso possa esser confutato dall'esperienza, cioè
sia falsificabile. Popper precisa che la falsificabilità non è un criterio di
significato, ovvero non distingue tra quel che ha senso e quel che non ha
senso, come avviene con il principio di verificabilità dei neopositivisti, ma
traccia una linea di demarcazione all'interno del linguaggio significante. Le
asserzioni universali, in cui consistono le teorie, non possono essere derivate
da asserzioni singolari, ma possono essere controllate da queste. Il che
significa che le asserzioni base, ossia le asserzioni di un fatto singolare
(per esempio, che un determinato cigno è nero) possono servire come premesse di
una falsificazione. Ma anche queste asserzioni base devono essere controllate
inter-soggettivamente; esse, infatti, non hanno quello stato privilegiato di
certezza attribuito loro dai neopositivisti. Le osservazioni e gli esperimenti
e i resoconti di essi non sono neutrali, ma sono sempre condotti e interpretati
alla luce delle teorie. Per questo, secondo Popper, è sempre ingannevolmente
facile trovare verificazioni di una teoria: così avviene con il marxismo e con
la psicoanalisi, che interpretano ogni fenomeno come verifica positiva della
loro teoria. Nella scienza, invece, non possono esserci asserzioni definitive,
non più controllabili inter-soggettivamente, ossia non confutabili. Questo non
vuol dire che, prima di essere accettata, ogni asserzione scientifica debba
essere di fatto controllata, ma solo deve poter essere controllata. Per
chiarire in che consista la falsificabilità, Popper precisa che le asserzioni
base, che devono servire a falsificare una teoria, hanno la forma di asserzioni
singolari esistenziali. La negazione di un'asserzione strettamente universale
(per esempio, "Non tutti i corvi sono neri") equivale a un'asserzione
strettamente esistenziale (per esempio, "Esiste almeno un corvo che non è
nero"). Le leggi di natura hanno la forma di asserzioni strettamente
universali, del tipo: "Tutti i corvi sono neri", e, quindi, sono
esprimibili come negazioni di asserzioni strettamente esistenziali (ossia,
"Non esiste alcun corvo che non sia nero"). Le leggi di natura sono
pertanto paragonabili a dei divieti: esse, anziché asserire che qualcosa esiste
o accade, lo negano. Le asserzioni strettamente universali non sono dunque
verificabili, perché la loro verificazione richiederebbe una esplorazione
esaustiva del mondo in ogni tempo per stabilire che qualcosa non esiste, non è
mai esistito e non esisterà mai. Se invece è vera una sola asserzione singolare
che infrange ciò che la legge proibisce o esclude, allora la legge risulta
confutata. Questo significa che una teoria è falsificabile se la classe di
tutte le asserzioni base, con le quali essa è in contraddizione o che essa
esclude o vieta, non è vuota: queste asserzioni base vietate dalla teoria sono
dette falsificatori potenziali di essa. Quanto più una teoria vieta, tanto
maggiore è il contenuto di informazioni che essa fornisce e ciò è connesso
appunto dall'ampiezza della classe dei suoi falsificatori potenziali. Per
scegliere tra teorie bisogna, dunque, tener conto del loro grado di
falsificabilità, il quale consiste appunto nel numero maggiore o minore di
falsificatori potenziali. Le leggi scoperte nell'indagine scientifica sono
sempre ipotesi, ma la cosa essenziale non è tanto discutere quanto sia
probabile un'ipotesi, bensì valutare a quali controlli e prove ha resistito,
mostrando la sua capacità di collaborazione . A determinare il grado di
collaborazione interviene più che il numero dei casi a favore, la severità dei
controlli, che dipende dalla semplicità dell'ipotesi più semplice, ossia
falsificabile in grado più alto, è anche quella corroborabile a un grado più
alto. La conclusione di Popper è che solo la confutabilità o falsificabilità
distingue le teorie scientifiche dalla metafisica. In questo senso, egli non
può essere scambiato per un neopositivista, che si sia limitato a sostituire la
verificabilità con la falsificabilità.
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