Lo
studioso che ha maggiormente contribuito a modificare l'immagine del fanciullo
e dell'educazione nel XX secolo è Jean Piaget, benché non sia un pedagogista,
ma uno psicologo. Il suo apporto alla psicologia dell'età evolutiva consiste
nell'aver dato una consistenza concreta e scientifica all'idea della pedagogia
moderna (da Rousseau all'attivismo) circa la specificità della natura infantile
che nei suoi modi di pensare, agire, amare, fare, parlare è profondamente
diversa da quella dell'adulto. Per quanto attiene alla pedagogia, Piaget ha
sempre sostenuto la necessità di un suo passaggio ad una fase scientifica con
precisi punti di riferimento nella psicologia sperimentale, nella sociologia e
nei raccordi interdisciplinari, anche se non la concepisce come una disciplina
puramente applicativa. L'educatore, infatti, deve avere una preparazione psicologica
e deve conoscere quanto gli viene offerto dalla psicologia, ma tocca poi a lui
vedere come potrà utilizzare questo bagaglio conoscitivo ideando un insieme di
tecniche da sperimentare e adattare personalmente. Certo Piaget ritiene che i
tempi e la successione delle fasi di sviluppo psicologico siano immodificabili,
togliendo in tal modo rilevanza ed efficacia all'intervento dell'adulto che non
può né cambiare né accelerare questi aspetti. L'educazione dunque può solo
preparare l'ambiente alla loro comparsa o al loro rinforzo. Poiché il motore
dell'intelligenza è la sua azione, l'educatore deve predisporre le condizioni
idonee all'esercizio di questo fare, adeguando le sue richieste al livello di
sviluppo dell'allievo e costruendo situazioni perché questo adeguamento si
produca. Questa centralità del fare (che si traduce in un "far fare")
costituisce il punto di vicinanza di Piaget con l'attivismo. Perciò lo
scienziato svizzero, se ha sempre insistito sulla necessità di un adeguamento
della scuola alle scoperte della psicologia, ha caldeggiato anche un nuovo
profilo professionale degli insegnanti che conciliasse la padronanza dei
contenuti disciplinari con una solida preparazione psicologica e un'adeguata
capacità di gestione dei metodi e della scuola secondo valenze
interdisciplinari. In questo senso la didattica deve essere psicologica e
l'insegnante un ricercatore in grado di trovare le condizioni migliori per
l'apprendimento e le sottostanti dinamiche psicologiche. Si spiega così anche
lo sforzo di Piaget di indagare e chiarire le strutture logiche, linguistiche
metodologiche delle discipline in quanto, insieme con la delineazione dei
momenti di costruzione, formazione e mutamento delle strutture logiche,
psicologiche, cognitive, linguistiche, etiche ecc. dovrebbe essere così
possibile dare un'impostazione nuova e funzionale ai metodi, ai curricoli e
alla programmazione scolastica. In un contesto storico contrassegnato da
profondi cambiamenti sociali, economici e tecnologici, Piaget reca in tal modo
il suo contributo ad un adeguamento della scuola e dell'educazione nel delicato
momento del passaggio da una scuola d'élite a una scuola di massa e a una
formazione permanente.
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