Con riferimento alla prima regola del metodo, Cartesio si trova davanti un problema non da poco: quali aspetti della realtà si possono considerare chiari e distinti in modo da prenderli a fondamento della nuova conoscenza? Cartesio sostiene che occorre dubitare di tutto, persino della nostra percezione sensoriale, in quanto "non vi sono indizi concludenti né segni abbastanza certi per cui sia possibile distinguere nettamente la veglia dal sonno". Come possiamo sapere in modo certo e incontrovertibile se questa nostra esistenza sia anch'essa un sogno oppure la realtà? Nemmeno riguardo agli assiomi della matematica e della geometria possiamo sapere con certezza se essi corrispondano effettivamente alla realtà, dobbiamo infatti supporre, spingendo il dubbio all'iperbole, che esista un dio talmente onnipotente da essere ingannatore, un dio che ci inganni anche sulle conoscenze che riteniamo più certe e universali. Cosa resiste allora al dubbio iperbolico, a questo scetticismo radicale? La risposta di Cartesio è che l'unico aspetto della realtà che viene percepito indubbiamente in modo chiaro e distinto è il pensiero che si pone il dubbio: l'esistenza incontrovertibile del pensiero che si pone il dubbio permette di affermare cogito ergo sum (penso dunque sono), perché se esiste il pensiero, deve pur esistere anche l'entità che esprime il pensiero del dubbio. L'esistenza del pensiero (cogito) è dunque quel residuo minimo della conoscenza che resiste ad ogni dubbio, compreso quello iperbolico. Il cogito cartesiano suggerisce quindi l'ipotesi che le cose non siano necessariamente esistenti oggettivamente e indipendentemente dal pensiero stesso, ma che ogni cosa esistente è qualcosa che di per sé è comunque pensata (quindi espressa dal soggetto) e che la realtà esterna al pensiero non è un dato da assumere immediatamente come certo e incontrovertibile: anche il soggetto che si pone il dubbio sa di essere in modo certo e incontrovertibile un soggetto pensante, ma la realtà stessa del suo corpo non può essere affermata con assoluta certezza desumendola dal solo cogito. "Nella prospettiva realistica, gli enti della natura e, una volta prodotti, anche i manufatti dell'uomo, esistono anche senza il pensiero: sono cose extrasoggettive. La filosofia moderna mostra invece che non solo i nostri stati inerti, psichici, ma anche gli oggetti esterni, la terra, gli alberi, il cielo, gli astri e tutti gli enti della natura sono dei pensati." (La filosofia moderna, E. Severino).
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