Sono sempre più indotto a credere
che il filosofo, come uomo necessario del domani e del dopodomani, si
sia trovato in ogni tempo in contraddizione con il suo oggi: il suo nemico fu
ogni volta l’ideale dell’oggi. Sinora tutti questi eccezionali fautori
dell’uomo, ai quali si dà il nome di filosofi e che raramente si sentirono
amici della verità, ma piuttosto sgradevoli giullari e pericolosi punti
interrogativi – hanno trovato il loro compito, il loro duro, non voluto,
inevitabile compito, e infine la grandezza del loro compito, nel costituire
essi stessi la cattiva coscienza del loro tempo. Vivisezionando col coltello
proprio il cuore delle virtù del tempo, tradirono quel che era il loro
strano segreto: conoscere una nuova grandezza dell’uomo, una nuova
strada non ancora mai battuta per il suo innalzamento. Essi svelarono ogni
volta quanta ipocrisia e infingardaggine, quanto lasciarsi andare e lasciarsi
cadere, quanta menzogna si nascondesse sotto il tipo maggiormente venerato
della moralità loro contemporanea, quanta virtù fosse sopravvissuta a se
stessa; ogni volta essi dissero: “Dobbiamo arrivare e partire da quel luogo,
che oggi è per voi meno di ogni altro familiare”. Dinanzi a un mondo
delle “idee moderne”, che vorrebbe confinare ognuno in un angolo e in una
“specializzazione”, un filosofo, ove mai oggi un filosofo potesse esistere,
sarebbe costretto a porre la grandezza dell’uomo, l’idea di “grandezza” proprio
nella sua vastità e multiformità, nel suo essere intero in molte cose:
determinerebbe persino il valore e il rango, a seconda di quali e quante cose
uno sia in grado di sopportare e di assumere sopra di sé, a seconda del limite fino
al quale uno può tendere la sua responsabilità. Oggigiorno il gusto e la virtù
dell’epoca affievoliscono e assottigliano il volere, nulla è tanto in armonia
con i tempi quanto l’estenuazione della volontà. Oggi è tutto l’opposto qui in
Europa, dove soltanto l’animale da armento perviene agli onori e onori
distribuisce, dove l’“uguaglianza dei diritti” si potrebbe anche troppo
facilmente trasformare nell’uguaglianza dei torti: intendo dire in una comune
guerriglia contro tutto quanto di raro, d’inconsueto, di privilegiato
appartiene all’uomo superiore, all’anima superiore, alla superiore
responsabilità, alla pienezza creativa della potenza e all’arte del
signoreggiare – oggigiorno si addice alla nozione di “grandezza” l’essere
nobili, il voler essere per se stessi, il poter essere diversi, il restarsene
isolati e la necessità di vivere a modo proprio; il filosofo divinerà qualcosa
del suo proprio ideale, quando stabilirà “Più grande tra tutti sarà colui che
può essere il più solitario, il più nascosto, il più diverso, l’uomo al di là
del bene e del male, il signore delle proprie virtù, ricco quant’altri mai di
volontà; questo appunto deve chiamarsi grandezza:
poter essere tanto multiforme quanto intero, tanto esteso quanto colmo”. E
ancora una volta domandiamo: è oggi possibile
la grandezza?
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