Il De consolatione philosophiae "La consolazione della filosofia") è un'opera dello scrittore latino Severino Boezio. Il suo periodo di composizione, che s'aggira attorno al 523 d.C., vede Boezio rinchiuso in un carcere nei pressi di Pavia, dove attende l'esecuzione capitale che subirà nel 525. L'opera si articola in cinque libri ognuno dei quali tratta un tema di ordine filosofico. L'autore immagina, secondo un topos letterario molto diffuso nel medioevo e nell'antichità classica, di essere consolato dalla Filosofia, impersonata da una donna. Guidato dalla sua Maestra, Boezio si interroga sull'esistenza del male e sulla sua natura, sulla fortuna, sulla felicità e sul libero arbitrio. Nell'opera ritorna il tema della sofferenza del giusto, il giusto che paga, mentre il peccatore trionfa. Boezio paragona la sua fine a quella dei filosofi suoi predecessori, ad Anassagora cacciato da Atene, a Socrate e Seneca uccisi, a Zenone che sembra essere morto sotto un tiranno. A questa ingiustizia terrena contrappone la Filosofia, che è una consolazione provvidenziale, una donna venerabile che caccia le sgualdrinelle di teatro, Muse frivole perché creano soltanto l'ambizione e non la verità. La filosofia è perciò l'unica Dea degna di essere amata. Nel De Consolatione philosophiae Boezio abbandona lo stile tecnico e arido delle sue composizioni scientifiche per abbracciare un tono, se non ispirato, più felice. L'opera di Boezio è un ottimo esempio di prosimetro dove la poesia si alterna alla prosa, tanto che divenne modello per Dante Alighieri nella composizione della Vita Nova.
Come nei testi antichi, viene fatto un largo uso dell'allegoria e la filosofia prende tutte le sue valenze di salvezza, ma in una prospettiva cristiana di salvezza.
Come nei testi antichi, viene fatto un largo uso dell'allegoria e la filosofia prende tutte le sue valenze di salvezza, ma in una prospettiva cristiana di salvezza.
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