giovedì 26 gennaio 2012

LEGGE DELLA GRAVITAZIONE UNIVERSALE

La leggenda vuole che l'idea della legge di gravità sia venuta a Newton osservando la caduta di una mela da un albero (altre versioni danno la mela caduta direttamente sulla sua testa), Newton si sarebbe chiesto cosa sarebbe successo se la mela fosse caduta da un'altezza pari alla distanza tra la luna e la terra. Si accorse dunque che la mela e la luna, questi due oggetti così diversi tra loro, potevano ugualmente essere soggetti alla stessa legge fisica. In realtà la formulazione della legge di gravità è l'ultimo atto di un lungo percorso scientifico che aveva portato numerosi fisici prima di Newton ad analizzare solo parzialmente le leggi della dinamica dei corpi a seguito delle scoperte di Galileo. Newton scoprì che le masse dei corpi celesti si attraggono proporzionalmente al prodotto delle masse e in ragione inversa del quadrato delle distanze, tale attrazione prese il nome di gravità. Questa legge, semplice in sé, comportava una rivoluzione epocale nella meccanica dei corpi, la gravità era valida universalmente in tutti i luoghi dell'universo e implicava una reciproca relazione e una reciproca influenza di tutti i corpi presenti nel cosmo. La gravità è quella forza per cui un corpo sulla terra si tiene ancorato al suolo. Più una massa è grande, maggiore sarà la sua forza di attrazione gravitazionale, e nulla che abbia una massa inferiore potrà liberarsidall'attrazione gravitazionale della massa più grande, se non con grande sforzo (si pensi alle enormi quantità di energia indispensabili per staccare dal suoloi razzi e farli sfuggire all'attrazione gravitazionale terrestre). Alla luce della nuova teoria, lo stesso moto ellittico degli astri di Keplero venne messo in discussione, in quanto l'ellissi che descriveva la Terra attorno al Sole non poteva essere perfetta come sostenevano gli studi di Keplero, ma avrebbe dovuto presentare delle perturbazioni conseguenti all'influenza della massa degli altri pianeti. L'universo descritto da Newton possedeva la qualità di essere uniforme in senso assoluto. Ciò significa che ogni regione spazio-temporale dell'universo sottostava non solo alle medesime leggi fisiche, ma presentava anche una uniformità delle condizioni temporali e geometriche dello spazio e del tempo che verranno poi messe in discussione dalla teoria della relatività. La fisica classica di Newton comportava pur sempre la presenza necessaria dell'etere, la presenza di una materia leggera e quasi volatile che doveva comunque occupare tutti gli spazi del cosmo per rendere possibile la trasmissione fisico-meccanica delle cause e degli effetti di tutti i fenomeni. L'Universo (e Dio) secondo Newton Come già Galileo, anche Newton cercò di conciliare la parola della Bibbia con le sue scoperte scientifiche, convinto che le sue teorie non potessero contrastare con le verità rivelate dalla religione. Innanzitutto Newton si domandò da dove potesse provenire la velocità iniziale indispensabile al moto dei pianeti e in questo riconobbe l'opera di Dio. Newton si comportò in sostanza come Aristotele, che volle dare un primo motore all'universo, non poté sottrarsi a darne una spiegazione metafisica. L'Universo di Newton non conosceva ancora la relatività di Einstein. La fisica di Newton si definisce classica, in quanto prevede un universo in cui lo spazio e il tempo sono grandezze assolute. Il tempo scorre uguale ovunque, sempre in avanti (dal passato verso il futuro), niente e nessuno può rallentarlo o modificarne il passo. Lo spazio è infinito e lineare, nulla può incurvarlo (ignaro del fatto che sarà proprio l'effetto gravitazionale, come mostrato da Einstein, ad avere il potere di incurvare lo spazio e rallentare il tempo). Newton affermò poi che Dio ha creato il mondo fondandolo su principi e leggi semplici e universali (come la legge di gravità) e che lo scopo degli uomini è quello di portare alla luce e decodificare questi algoritmi universali. E' propria di Newton e della scienza del suo tempo la convinzione che tutto possa essere spiegato con leggi semplici, valide per ogni grandezza e in ogni contesto, assolute e non relative.

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