venerdì 28 marzo 2008

LA DISCESA DI ZARATHUSTRA


Giunto a trent'anni, Zarathustra lasciò il suo paese e il lago natio, e si ritirò sui monti. Là, per dieci anni, senza stancarsi, godette del suo spirito e della sua solitudine. Ma alla fine il suo cuore mutò, e un giorno si alzò con l'aurora, avanzò verso il sole e così gli parlo: "O astro grande! Cosa sarebbe mai la tua gioia se non vi fossero coloro che tu illumini! Per dieci anni sei venuto quaggiù nella mia caverna: e certamente ti sarebbero divenuti noiosi la tua luce e il tuo percorso senza di me, la mia aquila e il mio serpente. Ma noi ti aspettavamo tutte le mattine, tu ci davi la tua ricchezza e ne ricevevi in cambio le nostre benedizioni. Vedi! Sono nauseato della mia saggezza, come l'ape che ha fatto troppa provvista di miele; ho bisogno di mani che si tendano verso di me. Io vorrei denaro da elargire, finché i saggi tra gli uomini si rallegrassero di nuovo della loro follia e i poveri della loro ricchezza. Per giungere a questo debbo discendere: come fai tu, quando a serà tramonti dietro il mare e porti la tua luce nel regno dei morti, tu, astro pieno di ricchezza e di vita! Io debbo, come te, tramontare, come dicono gli uomini, verso i quali io voglio discendere. Perciò benedicimi, occhio tranquillo, che puoi contemplare senza invidia anche una gioia troppo grande! Benedici il calice che vuol traboccare, finché ne scaturisca l'acqua dorata che porti ovunque il riflesso della tua gioia! Guarda: il calice vuole di nuovo vuotarsi, e Zarathustra vuole di nuovo essere uomo." Così cominciò la discesa di Zarathustra.

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