Concezione filosofica basata sull'idea che non esistano principi o verità assolutamente certi e immutabili, ossia indipendenti dall'esistenza condotta dagli uomini in uno specifico momento storico. L'affermarsi del pensiero debole può essere ricondotto ad alcuni fattori, ognuno dei quali nel proprio ambito, ha contribuito a indebolire la pretesa che esistano fondamenti ultimi di un qualche tipo: 1) La scoperta di cultura diverse dalla nostra, con i loro specifici valori, codici morali e costumi, ha messo in luce la relatività delle forme culturali rispetto a determinati stili di vita. 2) La dissoluzione operata da filosofi come Nietzsche e Heidegger dell'idea che esista una struttura stabile dell'essere, ovvero dei principi assoluti sulla base dei quali la ragione sarebbe in grado di attingere alla realtà oggettiva delle cose. 3) La "crisi dei fondamenti" iniziata nel campo della logica e della matematica ed estesasi successivamente allo stesso sapere scientifico. Riconoscendo la dipendenza delle nostre credenze, dei nostri valori, dei nostri criteri di valutazione dalle particolari condizioni che contraddistinguono un dato periodo storico, il pensiero debole diviene essenzialmente rifiuto di ogni concetto che si presenti come necessariamente valido e immutabile; nello stesso tempo, partendo dal presupposto che non esistono principi migliori di altri, accetta come pienamente legittimi i diversi punti di vista, le diverse verità "locali", e le varie tradizioni culturali, ponendoli su uno stesso piano di dignità. In Italia, il più significativo rappresentante del pensiero debole è il filosofo Gianni Vattimo. Egli ha subito l'influenza di pensatori come Nietzsche, Heidegger, ma anche Gadamer, Derrida, e Deleuze.
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