sabato 3 maggio 2008

IL MITO DI SISIFO

Tutta la silenziosa gioia di Sisifo sta in questo. Il destino gli appartiene, il macigno è cosa sua. Parimenti l’uomo assurdo, quando contempla il suo tormento, fa tacere tutti gli idoli. Nell’universo improvvisamente restituito al silenzio, si alzano le mille lievi voci attonite della terra. Richiami incoscienti e segreti, inviti di tutti i volti sono il necessario rovescio e il prezzo della vittoria. Non v’è sole senza ombra,e bisogna conoscere la notte. Se l’uomo assurdo dice di sì, il suo sforzo non avrà più tregua. Se vi è un destino personale, non esiste un fato superiore o, almeno, ve n’è soltanto uno, che l’uomo giudica fatale e disprezzabile. Per il resto, egli sa di essere il padrone dei propri giorni. In questo sottile momento in cui l'uomo ritorna verso la propria vita, nuovo Sisifo che torna al suo macigno, nella graduale e lenta discesa, contempla la serie di azioni senza legame, che sono divenute il suo destino, da lui stesso creato, riunito sotto lo sguardo della memoria e presto suggellato dalla morte. Cosi' persuaso dell'origine esclusivamente umana di tutto ciò che e' umano, cieco che desidera vedere e che sa che la notte non ha fine, egli è sempre in cammino. Il macigno rotola ancora. Lascio Sisifo ai piedi della montagna! Si ritrova sempre il proprio fardello. Ma Sisifo insegna la fedeltà superiore che nega gli dei e solleva i macigni. Anch'egli giudica che tutto sia bene. Questo universo, ormai senza padrone, non gli appare sterile nè futile. Ogni granello di quella pietra ogni bagliore minerale di quella montagna, ammantata di notte, formano, da soli, un mondo. Anche la lotta verso la cima basta a riempire il cuore di un uomo. Bisogna immaginare Sisifo felice. (A. Camus, "Il mito di Sisifo")

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